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AIDS, ricerca italiana scopre dove il virus si nasconde nelle cellule

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Virus Hiv AIDS

Uno degli ostacoli maggiori in cui si imbattono i ricercatori nel mettere a punto dei farmaci efficaci contro il virus dell’HIV, sta nella capacità di questo microrganismo di integrarsi nel patrimonio genetico della cellula che va ad infettare. L’HIV, come anche altri virus, in pratica inserisce il proprio DNA nelle cellule infettate.

Tuttavia, almeno fino a qusto momento, non si sapeva perché il virus scegliesse soltanto alcuni dei ventimila geni del nostro patrimonio genetico al posto di altri e soprattutto non si sapeva in che modo riuscisse a “nascondersi” all’interno di queste cellule per evitare di fungere da bersaglio ai farmaci. La risposta è arrivata grazie a una ricerca tutta italiana condotta all’Icgeb di Trieste e dai ricercatori guidati dal professor Mauro Giacca.

In pratica i ricercatori fotografando il nucleo dei linfociti (particolari cellule del sistema immunitario preposte a difenderci dalle infezioni), sono riusciti a “stanare” le zone d’ombra in cui il virus si nasconde. Il professor Mauro Giacca che ha diretto la ricerca, ricorre a una metafora molto efficace per spiegare le capacità “camaleontiche” di questo virus: “E’ come quando entriamo in una sala cinematografica al buioi posti più comodi magari sono quelli più lontani, ma quelli più facili da raggiungere sono vicini alla porta d’ingresso, ed è li che ci sediamo. Ma inserendosi nei geni vicino alla porta d’ingresso, ecco che la probabilità che il virus si nasconda ai farmaci diventa più alta: questo è il motivo per cui oggi riusciamo a rallentare la progressione verso l’Aids, ma non riusciamo a eliminare l’infezione“.

Insomma con questo studio si è scoperto in che modo il virus dell’HIV riesce a mascherarsi sfuggendo all’azione dei farmaci. Lo studio apre quindi una nuova prospettiva di ricerca per la messa a punto di farmaci capaci di “stanare” il virus da questo “nascondiglio”. L’epidemia di AIDS dall’inizio degli anni 80′ ad oggi ha colpito circa 80 milioni di persone stando ai dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. La scoperta italiana verrà pubblicata sulla rivista di Nature.

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