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I migranti che arrivano in Italia portano malattie infettive?

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La questione migranti impegna l’agenda di vari governi europei, compreso il nostro ed è al centro di un dibattito molto serrato. Temere che i migranti possano importare malattie infettive non corrisponde al vero. Statisticamente i migranti da noi rappresentano solo l’8,3% della popolazione residente in Italia, meno di altri Paesi come Germania (10,5%) e Spagna (9,5%).

Inoltre è noto un letteratura l’effetto migrante sano. Ovvero solo i soggetti più forti della comunità intraprendono il percorso migratorio denso di incognite, praticando una sorta di auto-selezione nei Paesi di origine. Per questo non è possibile parlare del ritorno di malattie infettive.

Sebbene il viaggio sia faticoso, i migranti che approdano sulle nostre coste, sono soggetti per la maggior parte giovani e che godono un buono stato di salute.

In realtà a causa della povertà, dell’irregolarità e del difficoltoso accesso ai servizi, è proprio nel Paese ospitante che possono sviluppare malattie derivanti dalla scarsa igiene e dal sovraffollamento. Tra le malattie infettive più frequentia alle quali sono esposti abbiamo: morbillo, influenza, scabbia, difterite, pertosse e tubercolosi.

Non possono quindi considerarsi di per sè una popolazione portatrice di malattie, quanto piuttosto una popolazione che può ammalarsi nel luogo in cui emigrano perché poco tutelati e protetti.

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